Avevo vent’anni, amavo il jazz, i tarocchi e le culture esoteriche. Un giorno di tanti anni fa finalmente decisi: il tempo di organizzarmi e la settimana successiva mi trovavo a New Orleans…
Lì conobbi una donna sulla sessantina e, anche se non le somigliava per niente, mi piaceva immaginarla come la Mami di Via col vento.
Mi prese subito in simpatia, forse perché dove non arrivava la conoscenza della lingua arrivava la prepotenza della gestualità nel farmi capire, quella prepotenza italica che cerca di parlare senza aver bisogno di farsi capire; o forse perché non ho mai avuto mezze misure in fatto di restar simpatico: o mi si odia oppure mi si vede come un amico di sempre.
Ma credo che la ragione del suo affetto fosse data dalla nostalgia che aveva del figlio rapito e torturato per anni dal crack e, infine, trovato assassinato in un vicolo dove affacciava il retro del suo locale.
New Orleans è la città meno americana di tutte.
New York è lontana con i sui grattacieli che fanno ombra alle nuvole e tolgono spazio al cielo.
Qui sulle sponde del grande fiume Mississippi le culture cristiane, creola, caraibiche ebraiche ed africane si fondono unendosi in una sorta di religione a sé stante.
Avevo le mie passioni e le mie ricerche.
La sera lavoravo come barista in locali malfamati e al tempo stesso stupendi dove le note dei sax, con il loro profumo acre di sandalo e fumo, superavano i soffitti, le nuvole e ancora la volta celeste, fino ad arrivare alla porta di San Pietro e a ridestare gli angeli assorti dal concetto di Dio e dal torpore del paradiso.
Rientravo in camera quando il sole abbracciava con le tinte di pastello l’ombra soffusa della mia scrivania, provavo le carte e le note del sax, senza ottenere da nessuno di essi gesti d’amore.
Venne il giorno in cui il fiume si ricordò di essere padrone e abbraccio la città di limo e melma.
Camminavo sulla riva destra del Mississippi, accarezzando l’orrore degli occhi di Mami e all’improvviso lei cominciò a raccontarmi la storia del sogno segreto del lago.
Ogni lago sogna che un giorno diventerà mare e di avere onde alte come castelli che si muovono libere senza barriere, senza confini.
Il lago dà pace, calma, serenità; ma senza l’irrequietezza delle correnti, delle passioni, delle emozioni non controllate dal vento, il lago è solo acqua che si muove in un recinto.
Devi sentirti mare se vuoi davvero suonare. Devi sentirti mare, accettare le sue tempeste, i vortici che ti spingono in fondo se vuoi capire e interpretare i segreti degli arcani.
Così 03il jazz, così le carte hanno bisogno dell’irrequietudine per osare e bussare alla porta dell’emisfero a Sud di Dio.
Quella stessa sera presi il mio sax e dentro ci misi le tempeste del vivere.
Le note che ne uscirono erano quelle di Duke Ellington e la sua tempesta fece tutto il resto.
Il sax e le carte da quel giorno smisero di essere strumenti e mi accompagnarono nel sogno segreto del lago.